Descrizione
Due anni dopo la B.A.T. 5 e uno dopo la B.A.T. 7 al Salone dell’Automobile di Torino 1955 vide la luce la B.A.T. 9.
Per questa vettura Nuccio Bertone chiese a Franco Scaglione di evolvere i concetti estetici delle B.A.T. 5 e 7, sempre sull’autotelaio dell’Alfa Romeo 1900C, per provare a renderla più simile ad un’auto adatta alla produzione in, sia pur piccola, serie senza smettere di stupire il pubblico dei saloni e l’Alfa Romeo, che quell’anno aveva in programma il lancio della Giulietta berlina e aveva avviato una collaborazione con la stessa Bertone per realizzare le scocche della Giulietta Sprint.
Come le B.A.T. 5 e 7 la vettura venne disegnata da Franco Scaglione, sempre sotto la supervisione di Nuccio Bertone, e realizzata dagli stessi battilastra diretti da Ezio Cingolani, ciò rese la produzione della B.A.T. 9 ancor più semplice e veloce delle precedenti. Il design della B.A.T. 9 risulta più sobrio che, pur mantenendo una stretta parentela con gli stilemi dei modelli precedenti, evidenzia la volontà di renderla più adatta all’uso stradale e vicina allo stile delle Alfa Romeo in commercio, volontà da cui nacquero due pinne più piccole e discrete ma altrettanto sottili.
La carrozzeria, che si prefigge comunque di avere una bassa resistenza aerodinamica, è rifinita in grigio chiaro con interni color tabacco ed è più “piana” delle precedenti ma conserva grandi sbalzi anteriori e posteriori, ruote carenate (solo anteriori), abitacolo “a goccia”, e soprattutto pinne sui parafanghi posteriori, anche se rimpicciolite.[3]
Il frontale è un’evoluzione di quello delle B.A.T. caratterizzato anche qui da una presa d’aria sdoppiata tra i parafanghi allungati ma, per la prima volta sulle B.A.T., sono presenti la tipica calandra triangolare Alfa Romeo al posto del particolare “naso” in metallo integrato nella scocca, i fari a vista, montati dentro un alloggio coperto da una palpebra di vetro a filo col bordo superiore dei parafanghi e due accenni di paraurti cromati verticali.
La fiancata di forma ellittica, oltre alle pinne posteriori, è divisa in due da una striscia cromata, sopra cui è applicato lo stemma Bertone col nome del modello davanti alla portiera, lungo tutta la fiancata che ne evidenzia la linea di cintura. Dalla fiancata sono scomparse anche la grande apertura di sfogo dell’aria dietro il passaruota anteriore e la carenatura delle ruote posteriori. L’abitacolo mantiene una forma a goccia molto filante con finestrini laterali meno angolati rispetto al corpo-vettura e un grande parabrezza panoramico col montate rovesciato che si integra perfettamente con un padiglione quasi piatto.
Anche se addomesticata la parte più interessante resta certamente la coda che sfoggia sempre un lunotto diviso in due parti da una pinna dorsale, due “pinne” più basse e sottili senza feritoie, che partono dietro la portiera e si incurvano solo leggermente verso la pinna centrale. Lo specchio di coda è completato da due piccoli fanali circolari integrati nella carrozzeria sopra la linea del paraurti, tracciata unendo le strisce cromate laterali; sotto di essa trova spazio il terminale di scarico cromato e, per la prima volta, un vano porta-targa.
Anche sull’auto più sobria gli interni sono piuttosto semplici con due poltroncine e pannelli delle porte rivestiti in cuoio color tabacco, tappetini blu e un cruscotto con una piccola cupola su cui sono posti gli strumenti di bordo. Il volante a tre razze con corona in legno, gli strumenti circolari, la leva del cambio a cloche e la pedaliera vengono direttamente dall’Alfa Romeo 1900C SS.
Al Salone dell’Automobile di Torino la vettura replicò il successo delle progenitrici colpendo di nuovo il pubblico con la sua carrozzeria aerodinamica più sobria e discreta.